Gli effetti sul mercato immobiliare dello smart working

20.06.2021
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La pandemia ha avuto significativi effetti anche sul mercato immobiliare e tra questi ci sono quelli legati allo smart working. Il ricorso al lavoro agile effettuato in modo importante da parte di aziende private e pubblica amministrazione ha avuto infatti conseguenze anche sulla tipologia di domanda e di offerta che si sono affermate in questi mesi, sia per quanto riguarda il settore residenziale che per quello dei locali a uso produttivo, per uffici e servizi. Corrado Mililli, fondatore di Relab insieme a Filippo Berardelli e Carlo Muratori, ha analizzato i trend e le dinamiche in corso.

Smart working e nuove esigenze abitative

Il Covid – spiega Corrado Mililli – ha condizionato il mercato immobiliare in modo importante e sotto diversi aspetti, tra questi anche quelli legati all’esigenza di gestire e utilizzare in modo diverso la propria abitazione. Prima della pandemia la casa veniva vissuta molto di meno: si usciva per svolgere gran parte delle attività e in particolare per lavorare. Da marzo 2020 le cose sono cambiate, in tanti si sono ritrovati a trascorrere in casa gran parte della propria giornata e anche a lavorare all’interno dell’abitazione, proprio per il diffondersi dello smart working. Questo ha cambiato, per molti, la percezione della propria casa: ci si è ritrovati in spazi troppo piccoli e in condizioni di vivibilità non soddisfacenti. Per questo, dopo il primo lockdown, alla ripresa del mercato, abbiamo rilevato una domanda di immobili diversa: ci chiedono appartamenti più grandi, con tagli e metrature più comode, soprattutto per quanto riguarda le camere da letto e i soggiorni, e preferendo che la cucina sia separata dal resto della zona giorno. Ed è anche emersa in modo chiaro la tendenza a optare per unità immobiliari che abbiano una zona da destinare allo smart working: uno spazio magari piccolo, ma funzionale e ben isolato dagli altri ambienti, anche dal punto di vista acustico”.

La fuga dai grandi centri abitati

L’altra dinamica che stiamo osservando è quella della cosiddetta fuga dai grandi centri abitatispiega il founder di Relab – Tra chi abitava o abita in zone centrali e ad alta densità abitativa è infatti iniziata ad affermarsi l’idea di spostarsi a vivere altrove, magari in località in cui si può godere di una più alta qualità della vita e dove, a parità di prezzo, si può avere una casa più grande, bella e funzionale, magari anche con degli spazi esterni – terrazzo o giardino – che in seguito alla pandemia costituiscono un elemento sempre più richiesto da singoli e famiglie. Il passaggio – continua Mililli – per quello che abbiamo potuto constatare finora, in particolare sul territorio romano, è soprattutto in favore di aree semicentrali o della prima periferia. Penso ad esempio a Infernetto, quartiere che, dopo una fase di stallo, si sta ripopolando e sta vivendo un momento di grande fermento. Più in generale, sempre in riferimento a Roma, il mercato immobiliare delle zone più vicine al litorale sta conoscendo grande vitalità, probabilmente anche per il senso di libertà e serenità che porta con sé l’idea di abitare nelle vicinanze del mare. Ma penso anche ai piccoli borghi che si trovano intorno alla Capitale, ad esempio Bracciano, che stanno vedendo una bella dinamicità anche per quanto riguarda il mercato degli affitti. Allo stesso tempo – continua Mililli – le aziende, soprattutto quelle più grandi, hanno preso consapevolezza dei notevoli risparmi che anche per loro possono derivare dallo smart working e qualcuna si sta già muovendo nella direzione di un proficuo reimpiego degli spazi rimasti liberi attraverso l’adozione di nuove ed emergenti tipologie di business”. 

Conclusioni

Se la prima tendenza analizzata – conclude Corrado Mililli – quella relativa alla domanda di case più grandi e vivibili, si può dire che stia caratterizzando ormai in modo abbastanza strutturale il mercato immobiliare e che molto probabilmente andrà a influenzarlo ancora per diverso tempo, diversa è la valutazione che si può fare in riferimento al trend relativo all’allontanamento dai grandi centri abitati. Per capire se questa dinamica sarà di medio-lungo termine e raggiungerà numeri significativi è necessario, a mio avviso, aspettare. Molto dipenderà da quali saranno le reali modalità della ripartenza, da quanto lo smart working continuerà ad essere impiegato una volta che saremo definitivamente tornati a quella che ci piace chiamare normalità e, più in generale, dalla situazione economica e sociale che ci troveremo ad affrontare dall’autunno 2021”.

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